Freddie Hubbard | Red Clay

red clay

Negli anni ’70, periodo foriero di sperimentazioni musicali e nuove correnti, il trombettista Freddie Hubbard registrò Red Clay, suo 17° album ufficiale in studio contraddistinto da una chiara matrice hard bop, ma profondamente influenzato dal soul e dal funk. Registrato nella tripla sessione del 27, 28 e 29 gennaio del 1970, fu poi pubblicato nello stesso anno dalla CTI (fu il primo sodalizio tra Hubbard e l’etichetta di proprietà di Creed Taylor) e segnò, musicalmente, il cammino che il trombettista avrebbe intrapreso per tutto quel decennio.

Altro punto degno di nota di Red Clay è che ad accompagnare Hubbard in questa sessione, sono autentici giganti del jazz come il sassofonista Joe Henderson, il pianista Herbie Hancock, il contrabbassista Ron Carter e il batterista Lenny White.
Tra le cinque composizione di Hubbard, brillanti melodie hard bop che si sposano a meraviglia con le prime sperimentazioni funky, spiccano in particolare la title track che apre il disco (ben 12 minuti di durata con un’apertura modale in 4/4 e un’affascinante parte da solista per il piano elettrico di Hancock, alternata alle meravigliose prestazione della coppia di fiati Hubbard/Henderson), Delphia, melodia blueseggiante che inizia come una lenta ballata per poi cambiare pelle, e The Intrepid Fox (il brano forse più apprezzato di tutto il disco), ispirato a certe partenze di Miles Davis e arricchito da cambi improvvisi radicati in un’architettura più bop.
Infine è da sottolineare che la rimasterizzazione in CD del disco è ulteriormente impreziosita dalla versione alternativa della title track (questa della durata di ben 18 minuti), registrata dal vivo il 19 luglio del 1971 durante il concerto presso il Southgate Palace di Los Angeles (cast all’opera diverso, qui, dove oltre a Hubbard alla tromba, troviamo
Stanley Turrentine al sax tenore, Johnny “Hammond” Smith al  piano elettrico, George Benson alla chitarra, Ron Carter al contrabbasso, Billy Cobham alla batteria e Airto Moreira alle percussioni).

freddie hubbard

Su AllMusic, il critico musicale Thom Jurek scrive:

“Questo disco è considerato uno dei momenti più belli di Freddie Hubbard come leader, in quanto rappresenta tutti i suoi punti di forza come compositore, solista e frontman. Su Red Clay, Hubbard combina un glorioso passato blueseggiante e bop con le innovazioni jazz fusion degli anni ’70. […] Questo è un classico, giù le mani.”

Tracklist:
Tutte le composizioni sono di Hubbard, tranne dove indicato diversamente.

  1. Red Clay – 12:11
  2. Delphia – 7:23
  3. Suite Sioux – 8:38
  4. The Intrepid Fox – 10:45
  5. Cold Turkey (J. Lennon) – 10:27
    Bonus track nella versione in CD:
  6. Red Clay [live] – 18:44

Musicisti:

  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Joe Henderson – Sax tenore, flauto
  • Herbie Hancock – Piano elettrico, Organo
  • Ron Carter – Contrabbasso, Basso elettrico
  • Lenny White – Batteria

Traccia #6:

  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Stanley Turrentine – Sax tenore
  • Johnny “Hammond” Smith – Organ, Piano elettrico
  • George Benson – Chitarra
  • Ron Carter – Contrabbasso
  • Billy Cobham – Batteria
  • Airto Moreira – Percussioni

Bobby Hutcherson | Dialogue

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Il 3 aprile del 1965, Bobby Hutcherson registrò Dialogue per la Blue Note pubblicò qualche mese dopo. Il ’65 fu un anno importante per il vibrafonista losangelino, sia  perché segna il suo debutto come bandleader (appena 24enne e proprio con questo disco), sia perché trova subito la consacrazione con quello successivo, Components, pubblicato a distanza di qualche mese dal primo.

Ma Dialogue è un piatto particolarmente ricco anche perché raramente, al proprio esordio, un musicista jazz ha potuto contare su un cast sontuoso composto da una line up di giovani e promettentissimi post-boppers come in questo caso. Oltre allo stesso Hutcherson al vibrafono (e in tre pezzi anche alla marimba), ci trovi anche Sam Rivers, che conferma i suoi vezzi da polistrumentista e qui suona il sax tenore e soprano, il clarinetto e il flauto, Freddie Hubbard alla tromba, Andrew Hill al piano, Richard Davis al contrabbasso e Joe Chambers alla batteria.

Anche se sfiora appena il free jazz, Dialogue è un capolavoro del jazz d’avanguardia  perché va ben oltre lo standard hard bop e può contare su una serie di fantasiose composizioni, ben quattro delle quali scritte da Hill e due da Chambers, che spingono l’ensemble in un piacevolissimo territorio inesplorato.

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Il risultato finale è un disco pieno di idee che ancora oggi non è invecchiato per nulla dove l‘attenzione si focalizza prima di tutto sulle interazioni di gruppo (quelle tra Hutcherson e Hill in particolare) piuttosto che sugli assolo dei singoli (che sono invece brevi e non sprecano spazio). Dialogue è un disco “avventuroso” di alto livello, insomma, che non a caso all’epoca ricevette ampi consensi di critica che lo definì, anche negli anni successivi, come uno dei più grandi successi del vibrafonista americano.

Tracklist:

  1. Catta (A. Hill) – 7:19
  2. Idle While (J. Chambers) – 6:37
  3. Les Noirs Marchant (A. Hill) – 6:41
  4. Dialogue (J. Chambers) – 9:59
  5. Ghetto Lights (A. Hill) – 6:16
    Bonus track nella versione in CD:
  6. Jasper (A. Hill) – 8:29

Musicisti:

  • Bobby Hutcherson – Vibrafono, Marimba (tracce 3-4 e 6).
  • Sam Rivers – Sax tenore (tracce 1 e 6), Sax soprano (traccia 5),
    Clarinetto basso (traccia 4), Flauto (tracce 2 e 3)
  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Andrew Hill – Piano
  • Richard Davis – Contrabbasso
  • Joe Chambers – Batteria

Freddie Hubbard | Goin’ Up

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A pochi mesi dal brillante esordio come bandleader (con l’album Open Sesame, 1960), il trombettista Freddie Hubbard incesella un nuovo successo con Goin’ Up (Blue Note, 1961), impreziosito da un cast di livello altissimo che vede anche Hank Mobley al sax tenore, McCoy Tyner al piano, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla batteria.

Hubbard (all’epoca appena 22enne) esegue e dirige in modo esemplare i brani Blues for Brenda, brillante e personalissima composizione, Asiatic Raes e Karioka, due originali firmati da Kenny Dorham, The Changing Scene e A Peck a Sec, pezzi scritti da Mobley, e l’oscura e sorniona I Wished I Knew. Il trombettista americano mette a segno inoltre un paio di preziosi assoli, suona liricamente sulle ballate e ricama con personalità il proprio stile (anche se ancora nel solco tracciato prima di lui dai virtuosi della tromba come Clifford Brown e Lee Morgan).

freddie hubbard

Goin ‘Up è un gran bel disco che oltre a raccogliere un ottimo set di brani squisitamente hard bop, mette anche in mostra lo stile di Hubbard in piena fioritura.

Tracklist:

  1. Asiatic Raes (K. Dorham) – 6:46
  2. The Changing Scene (H. Mobley) – 5:49
  3. Karioka (K. Dorham) – 6:15
  4. A Peck a Sec (H. Mobley) – 5:49
  5. I Wished I Knew (B. Smith) – 7:48
  6. Blues for Brenda (F. Hubbard) – 6:59

Musicisti:

  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Hank Mobley – Sax tenore
  • McCoy Tyner – Piano
  • Paul Chambers – Contrabbasso
  • Philly Joe Jones – Batteria

Eric Dolphy | Outward Bound

eric dolphy quintet

Outward Bound è l’album che segna il debutto da bandleader del polistrumentista Eric Dolphy. Pubblicato dall’etichetta New Jazz nel 1960, questa sessione risulta più orientata al bebop rispetto alle sue più “avventurose” registrazioni successive.

Eric Dolphy ha rappresentato una figura cruciale per il jazz. Un musicista lirico in modo quasi feroce, fantasioso e sempre in prima linea, anche durante i radicali cambiamenti che il jazz (e la musica in generale) vide agli inizi del 1960. Outward Bound raccoglie una sessione in quintetto che oltre allo stesso Dolphy al flauto, al clarinetto basso e al sax alto, vede anche Freddie Hubbard alla tromba, Jaki Byard al piano, George Tucker al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria. Ma più di tutto, il disco mette sotto la luce dei riflettori un Dolphy in piena transizione, dove la sua musica era molto più vicina all’hard bop di fine anni ’50 che non a quel free jazz degli anni ’60 che avrebbe invece esplorato in seguito.

Delle tre composizioni originali firmate da Dolphy (su sei brani totali presenti in scaletta), GW è dedicato al trombettista e compositore Gerald WilsonLes prende il nome dal trombonista Lester Robinson e 245 dal numero civico della casa dello stesso Dolphy. Lo standard Glad To Be Unhappy presenta una bella e animata lettura al flauto del bandleader, mentre invece Miss Ann vede lui in gioioso abbandono al clarinetto basso e uno scoppiettante e imprevedibile Hubbard alla tromba. Da sottolineare, infine, che uno dei punti forti dell’album è rappresentato anche da Roy Haynes e dal suoi drumming fantasioso, ma mai sopra le righe.

eric dolphy

Tracklist:
Tutte le composizioni sono di Dolphy, tranne dove indicato diversamente.

  1. G.W. – 7:57
  2. On Green Dolphin Street (B. Kaper, N. Washington) – 5:44
  3. Les – 5:12
  4. 245 – 6:49
  5. Glad To Be Unhappy (R. Rodgers, L. Hart) – 5:26
  6. Miss Toni (C. Greenlee) – 5:40

Musicisti:

  • Eric Dolphy – Flauto, Clarinetto basso, Sax alto
  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Jaki Byard – Piano
  • George Tucker – Contrabbasso
  • Roy Haynes – Batteria

Herbie Hancock | Empyrean Isles

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Empyrean Isles è il quarto album da bandleader del pianista jazz Herbie Hancock, registrato il 17 giugno del 1964 e pubblicato nello stesso anno dalla Blue Note Records. Il disco segna il debutto di due delle composizioni più popolari di Hancock, One Finger Snap e Cantaloupe Island. All’opera ritroviamo un quartetto che oltre allo stesso Hancock, comprende anche Freddie Hubbard alla cornetta, Ron Carter al contrabbasso e Tony Williams alla batteria.

Su alcuni dei suoi più noti lavori precedenti come My Point of View o Inventions and Dimensions, Hancock esplorava i margini dell’hard bop, lavorando soprattutto con una big band e una sezione di percussioni dalle venature latine, mentre su Empyrean Isles il pianista torna all’hard bop più puro, ottenendo risultati tutt’altro che convenzionali. Lavorando in quartetto con musicisti d’esperienza ma tutti giovani e sperimentatori come lui, Hancock spinge lo stile fino ai propri confini, trovando un brillante e suggestivo equilibrio tra tradizione bop, groove intimistico e jazz post-modale. Le quattro composizioni originali del pianista furono scritte apposta per spingere il cast di musicisti ai propri limiti, come nel caso di Cantaloupe Island, ben nota per il suo giro funky riff al piano ma che non si limita di certo a cavalcare il suo groove melodico centrale. The Egg è un brano dalla melodia minimale e dalle improvvisazioni soliste estese e creative. One Finger Snap e Oliloqui Valley aderiscono alle convenzioni più hard bop, ma ogni pezzo è testimone di un quartetto vigoroso alla ricerca di nuovi territori sonori.

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Empyrean Isles è un disco che trasuda passione e che decreta di pieno diritto la grande vena artistica di un Hancock in continua fioritura.

Tracklist:
Tutte le composizioni sono di Herbie Hancock.

  1. One Finger Snap – 7:20
  2. Oliloqui Valley – 8:28
  3. Cantaloupe Island – 5:32
  4. The Egg – 14:00
    Bonus tracks nella versione in CD:
  5. One Finger Snap [Alternate Take] – 7:37
  6. Oliloqui Valley [Alternate Take] – 10:47

Musicisti:

  • Herbie Hancock − Piano
  • Freddie Hubbard − Cornetta
  • Ron Carter − Contrabbasso
  • Tony Williams − Batteria

[VIDEO] Freddie Hubbard Quintet | Jazzwoche Burghausen (1991)

Sei al 22° Internationale Jazzwoche di Burghausen, nell’Alta Baviera, in Germania, nel 1991. Per l’occasione Freddie Hubbard (qui sia al flicorno sia alla tromba) si circonda di giovani e talentuosi sideman: Don Braden al sax tenore e soprano, Benny Green al piano (già sideman di Hubbard ma anche di Art Blakey sul finire degli ’80, a soli 25 anni), Jeff Chambers al contrabbasso e il veterano della batteria Louis Hayes. Il quintetto dà vita ad una straordinaria performance da tre quarti d’ora suonando i brani Dear John, God Bless the Child e One of a Kind.

[VIDEO] Art Blakey & The Jazz Messengers | Live in Sanremo (1963)

Il 23 marzo del 1963 a Sanremo, sul palco dell’8° Festival Internazionale del Jazz, fanno la loro comparsa Art Blakey e i suoi Jazz Messengers. All’epoca, oltre a Blakey alla batteria, c’era Freddie Hubbard alla tromba, Wayne Shorter al sax, Curtis Fuller al trombone, Cedar Walton al piano e Reggie Workman al contrabbasso. E suonarono per cinquanta minuti filati.

Quincy Jones | Walking in Space

walking in space

Walking in Space è un album studio di Quincy Jones, registrato nella doppia sessione del 18 e 19 giugno 1969 e pubblicato dalla A&M nello stesso anno. Jones tornò ad incidere in studio con questa band estesa proprio in occasione di quest’album, dopo una lunga pausa che lo vide impegnato con Hollywood. Oltre a ricostruire la sua vecchia big band jazz (tra cui il contrabbassista Ray Brown e il batterista Grady Tate, entrambi al lavoro su tre brani e dando vita ad uno dei primi esempi di sezione ritmica jazz all’opera in altri ambiti musicali), studiò attentamente la scena pop e il mondo degli strumenti elettrici (lo stesso Brown, qui, fa un uso superbo anche del basso elettrico) e infine invitò a prendere parte al progetto alcune guest star d’eccezione della musica jazz tra i quali il trombettista Freddie Hubbard, il sassofonista Roland Kirk, il flautista Hubert Laws e i trombonisti J. J. Johnson e Kai Winding.

La lunga title track, Walking in Space, arrangiamento di una canzone tratta dal noto musical rock Hair, conta le performance della vocalist Valerie Simpson e rappresenta il punto culminante dell’intero disco, dove Hubbard sfrigola alla tromba con sordina e un esuberante Kirk esplode attraverso la sezione ritmica.

Secondo il critico Richard S. Ginell del sito AllMusic:
Troverete qui un Jones anche classico e spavaldo sulla composizione di Benny Golson “Killer Joe” – praticamente la versione definitiva – e sulla “Oh Happy Day” di Edwin Hawkins, irrompendo con arguzia e pura gioia. Questo è uno dei grandi picchi della A&M del periodo di Creed Taylor e suona ancora oggi in modo spettacolare.

Tracklist:

  1. Dead End (G. MacDermot, J. Rado, G. Ragni) – 4:05
  2. Walking in Space (G. MacDermot, J. Rado, G. Ragni) – 12:06
  3. Killer Joe (B. Golson) – 5:12
  4. Love and Peace (A. Adams) – 5:48
  5. I Never Told You (A. Hamilton, J. Mandel) – 4:18
  6. Oh Happy Day (E. Hawkins) – 3:37

Musicisti:

  • Quincy Jones – Conduttore, Arrangiatore, Tromba, Voce
  • Benny Golson – Compositore
  • Freddie Hubbard, Lloyd Michaels, Dick Williams,
    John Frosk, Marvin Stamm – Tromba
  • Jimmy Cleveland, J. J. Johnson (guest artist), Alan Raph,
    Tony Studd, Norman Pride, Kai Winding (guest artist) – Trombone
  • Joel Kaye, Hubert Laws (guest artist) – Flauto, Sax tenore
  • Roland Kirk – Sax tenore (guest artist)
  • Jerome Richardson – Sax soprano
  • Paul Griffin – Piano
  • Eric Gale – Chitarra elettrica
  • Ray Brown, Chuck Rainey (solo traccia 4) – Contrabbasso, Basso elettrico
  • Grady Tate, Bernard Purdie – Batteria
  • Bob James – Tastiera
  • Toots Thielemans – Chitarra, Armonica (guest artist)
  • Snooky Young – Tromba, Flicorno
  • Hilda Harris, Marilyn Jackson, Valerie Simpson,
    Maretha Stewart (solo traccia 2) – Voce

Qui sotto i due brani che aprono il disco, Dead End e la title track Walking in Space, mentre qui è disponibile all’ascolto l’intero album su Grooveshark.

Freddie Hubbard | Without a Song: Live in Europe 1969

without a song: live in europe 1969Pubblicato nel giugno del 2009 dalla Blue Note, questo è il primo album postumo dopo la scomparsa del leggendario trobettista jazz Freddie Hubbard avvenuta nel 2008. Le sessioni che compongono questo Without a Song: Live in Europe 1969 erano disponibili negli archivi della Blue Note da ben 40 anni, tutte registrate da Hubbard durante il suo tour in Europa (si tratta nello specifico di tre serate live diverse, due in Inghilterra e una in Germania).

In quel 1969, Hubbard aveva già pubblicato molti dei suoi più celebri album da solista per la Blue Note, ma aveva cominciato a girare in tour con una propria band solo nel 1966, dopo aver lasciato quella di Max Roach. Tra i musicisti all’opera che lo accompagnarono in queste splendide performance live, ritroviamo Roland Hanna al piano, Ron Carter al contrabbasso e Louis Hayes alla batteria.
Senza una vera e propria hit in scaletta, il quartetto è meravigliosamente guidato dalla perfezione tecnica e creativa di uno dei grandi virtuosi del jazz della sua generazione (qui anche all’apice della sua carriera), attraverso una manciata di standard e due composizioni originali, Space Track e Hub-Tones. I quattro musicisti bilanciano abilmente i temi sonori tra i vertici di un oscillante hard bop e un avventuroso modale free bop.

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Il critico Matt Collar del sito AllMusic, scrive:

In ultima analisi, è la genialità pura di Hubbard come musicista a rendere questo disco essenziale per ogni suo fan. Un Dio dorato della tromba con un incessante talento inventivo tanto per una squisita semplicità melodica, quanto per un’audace spavalderia armonica.

Tracklist:
Tutte le composizioni sono di Hubbard, tranne dove indicato diversamente.

  1. Without a Song (Eliscu, Rose, Youmans) – 11:06
  2. The Things We Did Last Summer (S. Chan, J. Styne) – 11:12
  3. A Night in Tunisia (D. Gillespie, F. Paparelli) – 10:36
  4. Blues by Five (R. Garland) – 9:48
  5. Body and Soul (Green, Heyman, Sour) – 10:09
  6. Space Track – 12:09
  7. Hub-Tones – 4:39

Musicisti:

  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Roland Hanna – Piano
  • Ron Carter – Contrabbasso
  • Louis Hayes – Batteria

Bobby Hutcherson | Components

components

Components è un album del vibrafonista jazz Bobby Hutcherson pubblicato dalla Blue Note Records nel 1965. Originariamente il primo lato dell’LP era occupato dalle composizioni di Hutcherson improntate su uno stile hard bop melodico, mentre il secondo raccoglieva quelle del batterista Joe Chambers, dedicate a sonorità più avant-garde. Il cast di supporto è eccellente: Herbie Hancock al pianoforte, James Spaulding al sax alto e al flauto, Freddie Hubbard alla tromba e Ron Carter al contrabbasso.

La titletrack che apre l’album è un brano bop ritmicamente complesso. Tranquillity è una ballata maliconica e, come da titolo, passeggia lungo tempi calmi e pacati (memorabile l’assolo di Hancock al piano), mentre Little B’s Poem è stata scritta da Hutcherson per il figlio Barry (che all’epoca aveva tre anni), un brano allegro e innocente che vanta alcuni lirici passaggi al flauto di Spaulding. West 22nd Street Theme chiude il lato A ed è invece un blues con tempi e giri di accordo diversi dal solito ed è dedicata ad una via di Manhattan, vicino alla 10th Avenue, dove Hutcherson ha vissuto per un po’.

Le composizioni di Chambers sul lato B tendono ad esplorare ed enfatizzare la trama, con una particolare cura all’interazione dell’intero gruppo, ma non per questo sacrificando la libertà in termini di struttura e centro tonale. Il brano Movement è descritto dal suo stesso autore come “un tema in sei puntate, costantemente in movimento, tenute insieme da un impulso“. Air è stato impostato come un brano dove ogni voce deve rimanere indipendente, ma sempre e comunque in relazione a quello che accade intorno, mentre Pastoral esprime la voglia di ritornare ad una sorta di ambiente primitivo, come una sorta di nuovo inizio.

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Forse l’album che meglio riassume i primi anni di personalità musicale di Bobby Hutcherson, Components dimostra che non era solo il vibrafonista più “avventuroso” sulla scena, ma che fosse anche in grado di comporre e dirigere musica con intelligenza e sentimento.

Tracklist:
Le composizioni dalla 1 alla 4 sono di Hutcherson, dalla 5 alla 8 di Chambers.

  1. Components – 6:25
  2. Tranquillity – 5:03
  3. Little B’s Poem – 5:11
  4. West 22nd Street Theme – 4:42
  5. Movement – 7:31
  6. Juba Dance – 5:23
  7. Air – 4:48
  8. Pastoral – 2:02

Musicisti:

  • Bobby Hutcherson – Vibrafono
  • James Spaulding – Sax alto, Flauto
  • Freddie Hubbard – Tromba
  • Herbie Hancock – Piano
  • Ron Carter – Contrabbasso
  • Joe Chambers – Batteria